Quanti di voi hanno letto per intero le condizioni di utilizzo di Facebook e la sua Normativa sull’utilizzo dei dati forniti? Credo molto pochi… un po’ per pigrizia, un po’ per mancanza di tempo, è difficile che si vadano a leggere pagine e pagine di cavilli legali prima di iscriversi sul social network più famoso del mondo. Così è lecito che, ad alcuni di noi, sorgano dei dubbi legati alla privacy e all’utilizzo di dati, immagini e commenti pubblicati sui nostri profili o su quelli di amici, parenti e conoscenti. L’Avvocato Angelo Greco, fondatore e direttore responsabile del famoso portale La Legge per Tutti (www.laleggepertutti.it), nonché esperto in materia di “diritti in rete” e di diritto d’autore (presta consulenze legali anche presso la S.I.A.E.) ci chiarisce alcuni dubbi.

Nell’apposita sezione dedicata alla normativa sui dati, Facebook dichiara che la privacy degli utenti è molto importante, specificando che l’utente è il proprietario di tutti i contenuti e le informazioni pubblicate sul social e che può controllare cosa viene condiviso grazie alle impostazioni sulla privacy. Tuttavia, subito dopo, precisa quanto segue: per quanto riguarda i contenuti protetti da diritto di proprietà intellettuale, come foto e video, l’utente concede a Facebook una licenza non esclusiva, trasferibile, che può essere concessa come sottolicenza, libera da royalty e valida in tutto il mondo, che ne consente l’utilizzo. La chiama Licenza PI. In parole povere questo cosa significa per noi utenti?
Su questa tematica avevo scritto un paio di articoli, proprio per chiarire le idee a tutti (disponibili sul portale www.laleggepertutti.it ndr. Questi sono i link di alcuni articoli: http://tinyurl.com/oha6npg http://tinyurl.com/nsgtlem e http://tinyurl.com/px5awuj). In verità qui c’è un problema di traduzione, perché una cosa è la Proprietà delle informazioni, un’altra è il concetto di Utilizzo e di Sfruttamento. L’Utente è il proprietario di tutti i contenuti e le informazioni, che può controllare. In questo periodo si è diffusa la falsa notizia che facebook diventerebbe proprietario dei contenuti che uno pubblica sul social network, notizia assolutamente falsa, che nel testo in lingua originale non è scritta. Per capire come funziona, dobbiamo fare due distinzioni: da una parte ci sono i contenuti coperti dal diritto di autore, come foto e video, e dall’altra i dati personali. Cominciamo da questi ultimi: chiunque svolga un’attività avrà necessità di trattare dati personali, per poter svolgere l’attività stessa. Anche io, se faccio una richiesta alla ASL per ricevere un trattamento medico, dovrò scrivere in un foglietto i miei dati. In quel momento i miei dati non appartengono alla ASL, ma comunque li tratta, perché questa è una condizione necessaria per l’esercizio della sua attività. Non dobbiamo quindi scandalizzarci se Facebook tratta i nostri dati, perché glieli diamo noi e perché è la condizione per poterlo utilizzare. Dire che il social network li tratta significa che li archivia, li registra, li può utilizzare eventualmente per delle ricerche, ma non mi sembra che ci sia una grossa differenza con quello che succede quando i nostri dati vengono trattati da qualsiasi altro soggetto privato o pubblica amministrazione. La sessa cosa accade quando facciamo un acquisto su internet e mettiamo i nostri dati per l’indirizzo di destinazione. Anche Google, quando noi facciamo una ricerca sulla query, tratta i nostri dati (sentenza della corte di giustizia del 2012), ma il trattare i dati non vuol dire esserne proprietari: l’utente resta il proprietario. Del resto non potrebbe essere altrimenti, perché i dati personali non si possono cedere. Diversa cosa accade per quanto riguarda il diritto d’autore, in inglese copyright, che comprende due tipi di diritti: il Diritto alla Paternità dell’opera, non cedibile (nemmeno dietro consenso dell’avente diritto) in quanto fa parte dei cosiddetti Diritti Morali, ed i Diritti di sfruttamento dell’opera. Esempi classici di Diritti Morali sono: la paternità; il diritto di anonimato; il diritto di non pubblicare l’opera; il diritto di ritirarla dal commercio in qualsiasi momento. Tutti questi diritti non possono essere ceduti, sono inalienabili e personali. Questo significa che se io do un mio libro a una casa editrice questa non potrà pubblicarlo con il nome di un’altra persona o con uno pseudonimo. Facciamo un altro esempio: se scrivo una canzone e la vendo a Vasco Rossi, quando la canterà dovrà necessariamente indicare che l’autore sono io, perché si tratta di un diritto personale e morale, non alienabile. Un’altra cosa, invece, è il Diritto di sfruttamento dell’opera. Lo sfruttamento, l’utilizzo, la riproduzione, la copiatura o l’alterazione sono tutti diritti patrimoniali che possono essere alienati, venduti, donati, eccetera. L’accordo sulla cessione darebbe a Vasco Rossi la possibilità di cantare la mia canzone -entra in gioco il diritto di riproduzione – e a me la possibilità di guadagnare (diritto di sfruttamento economico). Se ad esempio realizzo un’opera fotografica e la pubblico su Facebook, il social mi dice che gli sto cedendo il diritto di utilizzarla. Resta sempre fermo il fatto che l’autore rimani tu – e non potrebbe essere diversamente, perché il diritto morale è intangibile e inalienabile, però il social la può sfruttare. Come la sfrutta? Semplicemente mettendola sui suoi server e quindi dando la possibilità a tutti di condividerla, commentarla, cliccare sul like eccetera. La sfrutta economicamente nel senso che, ogni volta che quella foto viene ricondivisa, Facebook crea una nuova pagina, su ogni nuova pagina vende spazi pubblicitari, quindi guadagna. Del resto per fare questo è necessario che noi cediamo i diritti di sfruttamento dell’opera, e questo è automatico nel contratto.

Nella sezione dedicata ai contenuti commerciali pubblicati o supportati da Facebook viene dichiarato che: “Gli utenti forniscono al social l'autorizzazione a utilizzare il loro nome e l'immagine del profilo per contenuti commerciali, sponsorizzati o supportati da Facebook. Tale affermazione implica, ad esempio, che l'utente consenta a un'azienda o a un'altra entità di offrire un compenso in denaro a Facebook per mostrare il suo nome e/o la sua l'immagine del profilo senza ricevere nessun compenso”. È vero che subito dopo viene precisato che, se l'utente ha selezionato un pubblico specifico per i propri contenuti o informazioni, verrà rispettata la sua scelta al momento dell'utilizzo, ma questa postilla esprime un concetto vago e fumoso per un utente che non sia ferrato in leggi. Potrebbe spiegare meglio agli utenti le implicazioni di questa policy?
Stiamo parlando del diritto di utilizzo e sfruttamento, di cui ho appena parlato, e questo tipo di dicitura è l’unico modo attraverso il quale Facebook potrebbe preservarsi in caso di contestazione, qualora qualcuno condividesse sulla propria bacheca la mia fotografia. In buona sostanza se io condivido la tua fotografia sulla mia bacheca, a te potrebbe venire da pensare che tu l’hai ceduta a Facebook e non a me. Ma attenzione: io sto condividendo la tua fotografia su uno spazio che mi ha dato Facebook, che dunque è di sua proprietà. In parole povere sembra che sia io a condividere la tua immagine, ma nella realtà lo sta facendo Facebook. Diciamo che la dicitura che mi hai letto specifica una cosa legittima. Terrei inoltre a sottolineare che soltanto di recente, da circa tre mesi, il Garante della Privacy ha detto che in Italia, quando si dà il consenso al trattamento dei dati personali, l’eventuale utilizzo per fini pubblicitari deve essere richiesto appositamente una seconda volta. Facciamo un esempio pratico: vado alla filiale della Citroen per comprare un’auto e do il consenso al trattamento dei miei dati, perché magari mi devono inviare una email per dirmi che devo andare a fare il tagliando, a revisionarla, oppure mi avvisa che la vettura è arrivata e la devo andare a ritirarla. Se però la Citroen dovesse utilizzare i miei dati per fini pubblicitari, come per esempio comunicarmi che è uscito un nuovo modello, allora ci sarebbe bisogno di una nuova autorizzazione, quindi di barrare una seconda casella. Questo però in Italia è avvenuto soltanto di recente. C’è anche da dire che, negli Stati Uniti, la normativa sulla Privacy non è certo meticolosa come in Europa, dove siamo molto attenti: negli States ci sono norme molto meno vincolanti, perché culturalmente tendono a fidarsi di più. Lì, infatti, la pubblica fede è ben tutelata: basti pensare ad alcune vicende politiche che hanno fatto capire quanto poco siano tollerate le bugie dette in pubblico. In Italia l’atteggiamento culturale è esattamente opposto: poiché non ci fidiamo, tendiamo ad attuare delle tutele prima. Ecco perché c’è tutto questo discorso delle precisazioni contrattuali: è una impostazione culturale. Ma tu resti sempre libero di non pubblicare le tue foto o i tuoi dati reali e crearti un nick.

Vorrei essere sicura di aver capito bene: se per esempio un’azienda terza, autorizzata da facebook, volesse usare il volto di una mia amica per fare una pubblicità?
No, non potrebbe farlo. Dovrebbe chiedere con seconda email autorizzazione.

Quindi la preoccupazione di alcune persone che evitano di pubblicare foto su Facebook perché hanno paura che possano essere utilizzate dal social per fare delle pubblicità è infondata? Si tratta solo di una leggenda metropolitana?
Questo non può accadere: si tratta soltanto di una leggenda, anche perché non sarebbe legittimo. Si tratterebbe, naturalmente, di un illecito, perché noi cediamo l’autorizzazione al trattamento dei dati e delle immagini solo allo scopo dell’utilizzo del social network, e non per altri scopi di natura pubblicitaria. Invece ben ci può stare che, grazie all’utilizzo dei cookies, Facebook verifichi che ogni volta che compare il banner pubblicitario del concerto di una determinata band io ci clicco sopra, e mi cataloghi fra gli amanti di quel genere di musica, mettendomi solo banner pubblicitari targettizzati, così come accade se guardo spesso ricette di cucina. Gli algoritmi sono così evoluti che riescono a estrapolare le mie preferenze per mandarmi pubblicità in linea con i miei gusti, ma questo è assolutamente lecito. Tenete conto anche del fatto che Facebook vi offre un utilizzo gratuito, ma questo genere di servizi hanno costi elevati, ed è naturale che si autofinanzino attraverso la pubblicità. È come il caso della tv: se non vuoi vedere la pubblicità, allora dovrai abbonarti a una pay tv!

A seguito delle proteste delle comunità Gay Lgbt, a breve verrà modificata la regola secondo la quale gli utenti di Facebook dovevano impegnarsi a fornire il proprio nome reale e informazioni autentiche sul loro account. Viene naturale chiedersi come mai un social che dichiara di tenere moltissimo alla privacy dei suoi utenti, fino a poco tempo fa osteggiasse l’unica cosa che fa sentire una donna o una persona appartenente a una categoria sensibile al sicuro: l’utilizzo di un alias. Secondo lei perché, per un certo periodo, facebook ha creato così tanti problemi ai profili che riteneva non veritieri, chiudendoglieli forzatamente?
Ricordo perfettamente che c’è stata una sorta di “retata” quando facebook ha cominciato a chiudere una serie di profili fake: a alcune persone ha chiesto gli estremi del documento di identità. Chiediamoci perché è successo. Ci sono dei programmatori molto abili che riescono a creare in pochi secondi tanti profili falsi, e ve ne accorgete perché hanno l’ immagine del profilo ma non l’immagine di copertina, perché questo tipo di programma non la realizza. Personalmente ricevo almeno una volta al giorno una richiesta di amicizia da parte di uno di questi profili fake, che generalmente hanno sempre foto di ragazze ammiccanti. Tali profili fake vengono spesso utilizzati per condividere dei virus: ad esempio ti mandano una foto o un video apparentemente erotico, ci clicchi sopra e ti prendi un virus, oppure puntano su altri elementi che possano suscitare la tua curiosità. I virus entrano nel computer e prelevano i tuoi dati, che poi vengono venduti. Inoltre i profili fake vengono utilizzati anche per condividere pubblicità. Facciamo un esempio: supponiamo che io abbia un locale che organizza feste, mi creo mille profili di belle ragazze, tutti mi chiedono l’amicizia oppure tutti accettano l’amicizia di queste belle ragazze, a quel punto pubblicherò su tutti i loro profili un invito ad andare nel mio locale. Questi sono i due scopi principali per i quali vengono realizzati i profili fake : virus o spam pubblicitario. Facebook si è accorto di questi comportamenti scorretti, allora ha lanciato la “retata”, anche perché questo gli creava un intasamento dei server. Tuttavia la cosiddetta “retata virtuale” ha avuto poco successo, perché poi è andata a beccare proprio quelle persone comuni che, come noi, volevano semplicemente avere un nick e non essere riconosciuti in rete, senza nessun fine fraudolento e pubblicitario. Poi la questione è andata avanti. Esistono anche altri social network che applicano questa policy, ad esempio i più noti siti di incontri: per l’iscrizione ti chiedono di scattarti una fotografia con un fogliettino ben visibile in cui scriverai un codice che ti viene inviato. Naturalmente se anche facebook lo facesse nessuno si iscriverebbe più!

Nelle condizioni generali di contratto di facebook è specificato che la loro licenza di utilizzare i contenuti da noi pubblicati termina nel momento in cui l’utente elimina il suo account, oppure quando elimina i contenuti in questione. Eppure, nel punto successivo, viene dichiarato che “è possibile che i contenuti rimossi vengano conservati come copie di backup per un determinato periodo di tempo, senza essere visibili agli altri”. Non viene specificata, però, la durata di tale lasso di tempo. Per quale scopo facebook dovrebbe continuare a conservare dati che noi vogliamo cancellare dalla rete? E soprattutto, è lecito?
Intanto per la questione del lecito/illecito le dico subito che tutto ciò che viene concesso è lecito quindi, se noi accettiamo, diventa automaticamente lecito. Non c’è una norma di legge che dice cosa è lecito o illecito in questi casi. La norma di legge dice questi diritti sono cedibili, se voi lo cedete è lecito, se non li cedete è illecito. Quindi è inutile stare a discutere su questo aspetto. Il punto, invece, è capire a che cosa servono. Sotto un profilo strettamente tecnico, se oggi io cancello un’immagine dal mio profilo, però voi l’avevate già condivisa sul vostro, sorge un problema: quell’immagine continua ad esserci. Nel tempo google svuoterà la cache, cioè la sua memoria, e quindi quell’immagine scomparirà anche dagli altri profili, ma questo non accade immediatamente. Facciamo un altro esempio: se pubblico un articolo in cui affermo che Mario Rossi è un grande ladro, questo signore verrà da me chiedendomi di cancellarlo perché si sente diffamato. Anche se io cancello l’articolo, per un po’ di tempo google continuerà a farlo vedere. Questo perché i server hanno una cache, cioè registrano le informazioni: anche se ti sembra che avvenga tutto in tempo reale, in realtà non è così. Internet ha una parte che funziona in tempo reale e un’altra che si aggiorna a gradini. Anche nel caso di facebook, questa dicitura riguarda l’utilizzo per sole funzioni tecniche. Vi basti ragionare su un fatto: un colosso come facebook, che guadagna milioni di dollari al giorno, può fare business con la fotografia delle mie della vacanze? Questa mi sembra la classica tesi del complotto, perché In Italia c’è una frangia di popolazione che ama pensare che sia sempre qualche complotto internazionale dietro le cose.
Il fatto che whatsapp sia stato acquisito da facebook potrebbe in qualche modo compromettere la privacy di chi non vuole inserire il proprio numero di telefono su facebook?
No, perchè si tratta di due società diverse. La cessione dei dati da una società a un’altra, anche qualora queste dovessero appartenere a un medesimo soggetto, sarebbe illecita. Se, ad esempio, io son proprietario della Srl Bianchi e della Srl Neri e tu vai a comprare dalla Srl Neri, è chiaro che non potrai trovarti una lettera pubblicitaria della Srl Bianchi, perché si tratta di soggetti giuridici diversi. Analogamente facebook è gestita attraverso una società, whatsapp attraverso un’altra, e la cessione dei dati non può assolutamente avvenire. Se, ipoteticamente parlando, dovesse accadere una cosa simile, potrebbe sorgere il dubbio che non sia vero che si tratti di due società diverse, quindi che tutto è stato acquisito all’interno di facebook, ma in quel caso ci dovrebbe essere una apposita informativa sulla privacy, cosa che invece non c’è, quindi è da presumere che tale cessione dei dati non possa assolutamente avvenire. Inoltre basta avere un minimo di buon senso per capire che facebook non avrebbe nessun interesse a perdere tutto l’impero che si è costruito per acquisire un paio di numeri di telefono! Io credo, piuttosto, che anche queste siano le “teorie del complotto”. Ribadisco che la cessione dei dati ad una azienda non implica, per legge, la loro cessione anche ad un’altra azienda. Inoltre, anche nell’ipotesi in cui sia stato tutto inglobato in un’unica azienda, la cessione dei dati per una finalità non può essere utilizzata per altre finalità. La conclusione logica è che, se io utilizzo i mei dati per la finalità di registrarmi a whatsapp, non si può assolutamente dire che poi facebook potrà utililizzare il mio numero di telefono, perché sono due soggetti diversi.

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Per chiedere ulteriori chiarimenti all’ Avv. Angelo Greco, o per avvalersi della sua consulenza legale:
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Oggi parliamo di Iridologia con la Dottoressa Ludovica Fedi, esperta in materia. La dottoressa Fedi, laureatasi con 110 in Medicina e Chirurgia presso la Facoltà di Firenze, è regolarmente iscritta all’Associazione Iridologica Italiana Assiri presso la quale, dal 2013, è docente del corso avanzato di Iridologia. Esperta in naturopatia, alimentazione naturale e vegetariana e Ossigeno-Ozono Terapia, esecutrice di test per le intolleranze alimentari sul sangue, ha inoltre conseguito un Master di II° livello in Fitoterapia Clinica.

Dottoressa Fedi, che cos’è l’iridologia?
Il termine iridologia letteralmente significa “studio e trattazione dei significati dell’iride”, ovvero l’osservazione dei segni (variazioni di colore, forma eccetera) presenti nella parte colorata dell’occhio. L’iride riproduce al suo interno la mappa topografica dell’intero corpo umano e l’osservazione delle variazioni di forma e colore presenti in determinati punti dell’iride permette di identificare punti deboli dell’organismo, la sede e la natura di sintomi presenti in altre parti del corpo, la predisposizione a contrarre un particolare disturbo nel tempo, l’accumulo di tossine. L’iridologo, mettendo in relazione i segni che rileva nell’iride, ma anche nella pupilla e nella sclera, è in grado di stabilire la costituzione organica del soggetto, la sua vitalità, la capacità di reagire agli insulti che subisce sia fisicamente che psicologicamente, lo stato e la condizione dei suoi organi, la predisposizione costituzionale a sviluppare patologie in specifici settori del corpo, i diversi stadi di infiammazione, il grado di intossicazione, la vulnerabilità allo stress, le potenzialità di recupero, in definitiva le profonde cause di un disturbo e lo stato globale di salute di una persona. Nell’enciclopedia medica Larousse troviamo scritto: “Attraverso l’esame dell’iride è possibile determinare la sede e la natura dei disturbi presenti in altre parti del corpo. L’iride, in effetti, è in comunicazione con il sistema cerebro spinale, così che qualsiasi alterazione dell’equilibrio ne modifica la struttura sotto forma di macchie, segni, colorazioni, alterazioni del pigmento eccetera”.

Quando e dove nasce l'Iridologia? È vero che ha radici molto antiche? Pare che, già nell’antico Egitto, l’osservazione dell’iride venisse messa in relazione con alcune malattie. Secondo la cultura egiziana, infatti, l’occhio rappresenta per l’uomo ciò che il sole rappresenta per il sistema solare. Ma anche la Medicina Tradizionale Cinese mette in correlazione l’iride e la salute psico-fisica dell’uomo.
L’iridologia ha origini antichissime secondo alcuni autori già 400 anni prima di Cristo si utilizzavano i segni presenti nell’occhio per cogliere gli aspetti della personalità e funzionalità dell’organismo. Risale a 3600 anni fa “l’occhio di Dio” ovvero il simbolo iconografico costituito dal triangolo con all’interno un cerchio, questa parola nell’antico alfabeto Fenicio significa “l’Eternità, la Luce, l’Intellettualità, introdotta in un corpo convesso, oscuro, tenebroso (ovvero l’occhio), per poter portare nella manifestazione gli organi del corpo” confermando così le origini antiche dell’iridologia. Nella cultura Egizia il mito e culto dell’Occhio di Horus, figlio di Iside e di Osiride, rappresentava “il simbolo dell’eterna lotta tra la luce e l’oscurità, assumendo funzioni adiuvanti di Dio della salute e del benessere contro le tenebre del male e della malattia”. Ritroviamo osservazioni sull’occhio in antiche opere di Medicina indiana (Ayurvedica) e Cinese risalenti al 2000 a.C., nella medicina tibetana alla fine del II millennio A.C . Negli scritti di Ippocrate (460 ca-377ca a.C.), medico greco considerato il padre della medicina, si rinvengono tracce dell’uso dell'iridologia quale strumento diagnostico e possiamo leggere: “Come sono forti gli occhi, così il corpo; e il colore può tendere al meglio o al peggio”. Citazioni su possibili interpretazioni iridologiche sono contenute nei testi Sacri della cultura Ebraica antica (VIII sec. a. C.) dove è riportato: “Nelle future generazioni, nessuno dei tuoi discendenti, se con un piede o una mano fratturati, se gracile e con schiena curva o una macchia nell’occhio, potrà avvicinarsi all’altare per offrire sacrifici all’Eterno, poiché ha un difetto fisico” (Leviticus 21, 17-20). Nella Bibbia, ed in particolar modo nel Vangelo, leggiamo: “La lucerna del tuo corpo è l’occhio. Se il tuo occhio è terso (chiaro), tutto il tuo corpo sarà illuminato. Ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà nelle tenebre” (Mt 6,22). In epoca più recente Paracelso (1493-1541), medico e alchimista, pronunciò uno dei principi base dell'iridologia: "Considerate l’occhio, con quale arte sia costruito e con quanta mirabile finezza il corpo abbia impresso la propria anatomia nella sua immagine”.
È corretto dire che l’iridologia è in grado di indicare quali organi sono malati, ma non quale tipo di patologia li colpisce?
L’osservazione dell’iride assolutamente non consente di fare diagnosi. Tengo molto a spiegare, durante ogni visita, che quello che si può rilevare può essere, ad esempio, un’alterazione più o meno importante a carico dell’intestino, ma non si potrà certo dire se si tratta di morbo di Crohn o rettocolite ulcerosa: sarà la sintomatologia del paziente e gli eventuali esami clinici ad indirizzarmi come medico sulla patologia. In definitiva l’osservazione dell’iride non può sostituirsi ad un esame strumentale come una TAC o un’ecografia. Quello che permette, però, è di valutare la condizione generale dell’intero organismo da un punto di vista fisico ma anche psichico, valutare le condizioni dei vari organi deputati alla disintossicazione (intestino, polmoni, fegato, reni e pelle) in modo da poter indirizzare la terapia sostenendo l’organo emuntore più debole. Per esempio di fronte ad un problema di pelle come un’eczema, una psoriasi o l’acne, sicuramente c’è un sovraccarico di lavoro da parte della pelle che cerca di eliminare tossine, ma da dove arrivano queste tossine? Potrebbero provenire da un’alimentazione scorretta ma anche da un organo che non è in grado di svolgere bene il proprio ruolo, allora l’iride mi darà un valido aiuto per identificare tossine che per esempio dallo stomaco o dall’intestino si riversano nel torrente ematico oppure un fegato che non è in grado di smaltirle in modo efficiente o un rene che non è in grado di eliminarle del tutto. La cura naturale disintossicante ovviamente sarà diversa a seconda dei casi, e sarà rivolta a sfiammare lo stomaco o a migliorare la funzionalità dell’intestino o a sostenere il fegato o i reni anche in assenza di altri sintomi da parte del paziente. La diagnosi di patologia è stata fatta con l’osservazione diretta della pelle colpita e non certamente dall’iride, ma l’osservazione dell’iride avrà indirizzato la cura naturale più adatta per quel paziente affetto da eczema o acne!!!

In che modo lo studio dell’iride può indagare anche lo stato di salute psicologica, e non solo fisica, delle persone?
Vorrei utilizzare le parole di Salvatore Arcella: “Da sempre l’uomo osserva, rivela ed interpreta i segni presenti nelle iridi; l’uomo di istinto guarda negli occhi il proprio interlocutore, osserva gli occhi della gente che lo circonda. Questo perché gli occhi ci forniscono numerose informazioni sullo stato fisico e mentale dei nostri interlocutori, amici, nemici, eccetera: occhi tristi, cupi, sorridenti, slavati, sbarrati, opachi, stanchi, attenti, sgomenti, distratti, lucidi, terrorizzati… e si potrebbe continuare per un bel po’. Per questo sono definiti “lo specchio dell’anima” e per questo da sempre influiscono sui nostri rapporti, moderando o estremizzando le nostre azioni”. In realtà, oltre a questo, i segni presenti sull’iride possono essere interpretati sia su un piano fisico che psicologico, per esempio la corona mi dà informazioni riguardo alla parete intestinale, rappresenta un filtro attraverso il quale ciò che è stato introdotto all’interno (gli alimenti, ma anche le emozioni) devono essere selezionate tra ciò che fa bene, e quindi deve essere assorbito, e ciò che è nocivo e quindi dovrà essere eliminato. Una siepe integra permetterà il passaggio adeguato di tutte le energie che riceviamo dall’ambiente inanimato (luce, radiazioni, calore, colore, alimentazione) e animato (amore, simpatia, amicizia, riconoscimenti, gratificazioni, ira, collera); una corona assente non sarà in grado di svolgere questa funzione in maniera adeguata pertanto da un punto di vista fisico il soggetto soffrirà di disbiosi intestinali (l’intestino non filtra bene per cui va facilmente incontro ad infiammazioni favorendo il passaggio di tossine nel circolo ematico), da un punto di vista psicologico la persona che non presenta la corona, non essendo in grado di filtrare le emozioni (tra quelle negative e quelle positive), tenderà ad assorbirle tutte e quindi a stancarsi facilmente psichicamente, sarà irritabile, nervoso di umore variabile e potrà soffrire di disturbi psicosomatici. La mancanza della siepe, però, lo rende particolarmente empatico, ovvero in grado di comprendere l’animo dell’altro, assorbire gli stati d’animo delle altre persone. Questo significa capacità di comprenderle, ma anche riuscire a farsi capire: sarà un ottimo insegnante oppure un ottimo profilers.

Se una persona volesse studiare iridologia, quali scuole potrebbe frequentare? Quanto dura il percorso di studi? C’è bisogno di essere laureati in medicina come lei per frequentarle oppure no?
Molte scuole di naturopatia prevedono ore di formazione in iridologia. Io consiglio sempre, qualora si volesse praticare l’iridologia in Italia, di approfondire frequentando i corsi ASSIRI (Associazione Iridologica Italiana). L’ASSIRI segue gli insegnamenti di Rizzi, Karl, Ratti, Angherer, Deck (scuola tedesca) e soprattutto a quest’ultimo si deve l’elaborazione sistematica di un enorme volume di materiale pratico, l’esame critico delle osservazioni iridologiche confrontate con quelle cliniche. Deck ha definito la mappa iridologica (ovvero la proiezione degli organi sull’iride) sulla base del confronto tra i segni presenti sull’iride con esami strumentali, referti clinici, che egli stesso eseguiva presso la sua clinica. Da 28 anni l’ASSIRI cerca di incentivare gli interscambi culturali tra iridologi italiani, tedeschi, russi, spagnoli, francesi, svizzeri, inglesi, americani, promuovendo lo studio e la ricerca scientifica nell'ambito iridologico, cercando di costituire le basi di una “scienza” iridologica. Il percorso ASSIRI prevede due corsi di formazione (base e avanzato) della durata di 7 giorni (60 ore) ciascuno e seminari specialistici (totale 80 ore) ai quali può accedere chiunque sia interessato ad approfondire lo studio dell’iridologia dal medico, al farmacista, al geometra, all’insegnante di lettere.

Perché, secondo lei, la medicina ufficiale non attribuisce un valore scientifico alla diagnostica effettuata attraverso l’iridologia?
Lo studio dell’iride prevede l’osservazione di molti segni ed il mettere questi segni in relazione tra di loro, per cui risente della capacità e dell’esperienza dell’osservatore. In poche parole è un’osservazione soggettiva e non oggettiva, pertanto la medicina ufficiale non può riconoscerla. Così come ognuno di noi ha un aspetto fisico completamente unico e irripetibile, allo stesso modo lo saranno i suoi occhi, anche se con la mappa si sta cercando di dare valore alla proiezione degli organi sull’iride confrontando i segni ritrovati sui pazienti con le indagini strumentali effettuate (TAC, RMN, ecografie, gastroscopie, colonscopie). Comunque questi segni risentiranno anche della sfera emotiva del soggetto e non soltanto di quella fisica, ecco perché la corrispondenza ad oggi è stata riscontrata solo nell’80-85% dei casi, perché ci sono anche altri fattori che influiscono sull’espressione di una determinata patologia oltre alla genetica, alla familiarità ed alle tossine: bisogna infatti considerare anche l’ambiente circostante e le emozioni. L’iridologia deve essere vista come un’arma in più a disposizione dell’operatore della salute per indirizzare il proprio assistito ad una maggiore consapevolezza di sé, aiutarlo in un cammino di crescita, sia da un punto di vista fisico che psichico.
Come si svolge l’analisi dell’iride? Con quali tipi di apparecchiature? È un esame in qualche modo invasivo, fastidioso o che può risultare nocivo per chi vi si sottopone?
L’osservazione dell’iride prevede l’ingrandimento dell’occhio attraverso l’utilizzo di una semplice lente di ingrandimento dotata di luce – metodo rapido e diretto, ma che ingrandisce poco e non permette di fotografare l’immagine – oppure si può usare una macchina fotografica con obbiettivo Macro ed un sistema di illuminazione che permetta di illuminare bene l’iride (tipo sistema iridigit). Gli iridologi medici possono usare una lampada a fessura dotata di telecamera collegata ad un computer, che permette di fare ingrandimenti notevoli. Il metodo di rilevazione dell’iride è pertanto assolutamente non invasivo, non nocivo e nemmeno fastidioso.

Quali sono gli elementi che valuta durante la visita iridologica di una persona sana/malata?
La visita iridologica in realtà prevede l’osservazione di tutto l’occhio: le palpebre con eventuali accumuli, depositi di colore, la sclera con i suoi vasi (la loro forma e posizione rispetto all’iride), i depositi di grasso o colorazioni gialle. Poi si passa all’osservazione di deformazioni, allargamenti, restringimenti, variazioni di colore o di forma, pigmentazioni aggiunte dell’iride iniziando dalla pupilla (espressione della colonna vertebrale), il margine pupillare, specchio del sistema nervoso centrale e del sistema immunitario, poi la zona pupillare, quella che dalla pupilla arriva fino alla corona ( bordo che delimita le due grandi zone dell’iride, quella pupillare e quella ciliare), che dà informazioni riguardo all’apparato gastroenterico; la corona, espressione della parete intestinale (intesa come flora intestinale e sintesi di vitamine), sistema nervoso autonomo, ghiandole esocrine, sangue e sistema immunitario; l’anello esterno alla corona, espressione delle ghiandole endocrine; la zona ciliare, espressione degli organi interni e del connettivo. Infine, in prossimità del bordo irideo esterno, valuteremo le condizioni dell’anello linfatico e poi di quello cutaneo.

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Per contattare la Dottoressa Ludovica Fedi visitate il suo sito http://www.ludovicafedi.it/
Questa è la sezione del sito dedicataall’Iridologia: http://www.ludovicafedi.it/iridologo/

La Dottoressa ha citato alcune frasi tratte dai seguenti libri:
“L’iridologia nel tempo” Daniele Lo Rito, Marino Lusa; Edizioni Accademia Nazionale di Scienze Igienistiche Naturali “G. Galilei” 2008.
“Iridologia dottrina e pragmatismo” Salvatore Arcella; Marrapese Editore 1999
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Tutti coloro che, in questi anni, si sono interessati alla Legge dell’Attrazione, dovrebbero leggere il libro “La Mente Quantica”, scritto da Vincenzo Fanelli e William Bishop, perché vi regalerà l’ultimo pezzo del puzzle del Manifesting, spiegando concretamente e in modo pratico come diventare co-creatori della realtà che vi circonda. Vincenzo Fanelli, già autore di numerosi libri che spaziano dalla PNL – Programmazione Neuro Linguistica – al pensiero positivo, passando per l’Enneagramma, ci svelerà alcuni tratti salienti di questo libro che ha scritto a quattro mani con un famoso ricercatore e studioso di meccanica quantistica che si firma con lo pseudonimo di William Bishop.

In giro ci sono moltissimi testi che trattano la tematica del Manifesting, però in nessuno di quelli che ho letto finora venivano citate le 3 Leggi Universali. Solitamente viene trattata solo la Legge dell’Attrazione, senza citare nemmeno la Legge della Sintonia, la Legge della Bipolarità e quella dell’Essenzialità. Leggendo “La Mente Quantica” si capisce che queste tre leggi devono lavorare insieme, sinergicamente, per far funzionare il processo del Manifesting, ma ci si chiede perché tu e Bishop siate gli unici a parlarne. Come mai?
Ne parlo perché comunque è possibile parlare di qualsiasi cosa, compreso un argomento così “rivoluzionario” per i nostri schemi mentali, adducendo anche importanti argomentazioni, ma tanto la gente non ci crederà. Mi spiego meglio: se a parlare di questi argomenti pubblicamente non sono né scienziati né ricercatori, la gente li percepirà sempre come “voci fuori dal coro”. Da un punto di vista mediatico viene fatta molta disinformazione. Lo possiamo vedere, ad esempio, per quanto riguarda la tematica “alimentazione”: se anche un grande esperto del settore afferma: “Attenzione, certe cose non le mangiate perché fanno male”, come è accaduto per “The China Study”, ci sarà sempre qualcun altro, un’altra voce ufficiale, considerata autorevole dalla gente, che smentirà la precedente, asserendo che non è così, e dicendoti che mangiare carne tutti i giorni fa benissimo. Ecco perché io posso anche permettermi di fare pubblicamente certe affermazioni, perché tanto sono considerate così “assurde” dalla nostra parte razionale che la maggior parte della gente non ci crederà. E poi c’è un altro fatto: la maggior parte delle persone, purtroppo, ormai è assuefatta a vivere in un certo modo, senza prendersi la responsabilità di quello che gli accade. È molto più facile. Se io arrivo e ti dico: “Attenzione, il tuo programma mentale crea la tua realtà, le tue aspettative creano la tua realtà”, alcune persone si arrabbiano moltissimo perché non riescono ad accettare che tutto quello che gli capita nella vita se lo sono creato loro. La loro parte razionale non lo può accettare. Le persone, di fronte a queste cose, hanno paura, perché questa nuova visione implica che bisogna riprendere in mano la propria vita e prendersi le proprie responsabilità. Quindi, per quanto adesso se ne stia parlando di più, la maggior parte della gente non crederà mai a queste cose.

Potresti riassumere brevemente, per chi ancora non ha letto il libro, in cosa consistono le 3 Leggi Universali e come agiscono sull’Energia Universale, permettendo agli individui di co-creare – e NON di creare – la propria realtà?
È ovvio che consiglio di leggere il libro, perché spiega questi concetti in maniera ampia e approfondita. La Legge della Sintonia è quella che, concettualmente, sostituisce la Legge dell’Attrazione. La sostituisce perché è un concetto più veritiero, in quanto tutto quello che penso e tutto quello che provo mi sintonizza su un ramo di realtà ben definito. Inoltre è molto più credibile, perché si ricollega alle teorie della meccanica quantistica. Invece pensare che noi siamo dei magneti e, quindi, che attiriamo una nuova realtà, è sbagliato. Non è che attiriamo, noi ci spostiamo proprio sui diversi rami di realtà. Poi c’è la Legge della Bipolarità che spiega come mai la legge di attrazione fallisce. Questo accade perché la legge di attrazione ti dice che tu, tutti i giorni, devi solo desiderare, desiderare, desiderare, e questo non è assolutamente vero, nel senso che l’energia si muove attraverso polarità opposte: lo fa sia l’energia elettrica che l’energia universale. Di conseguenza se io attivo solo la polarità positiva, desiderando e basta, blocco il flusso dell’energia. Se io, invece, prima desidero, desidero, desidero, ma poi un giorno dico: “Basta, non me ne importa più niente”, e mi distacco, sto attivando anche la polarità negativa e, di conseguenza, permetto all’energia di scorrere. Per capire questo occorre fare le proprie esperienze. Pensate a tutte quelle volte che avete inseguito qualcosa con tutte le vostre forze e poi, un bel giorno, avete detto con convinzione che non ve ne importava più nulla. È proprio in quel momento che l’oggetto del vostro desiderio arriva, perché vi siete distaccati, e questa è la Legge della Bipolarità. Infine abbiamo la Legge dell’Essenzialità, che è quella delle Sincronicità, secondo la quale l’Universo ci invia dei segnali. I messaggi che ci manda l’Universo sono difficili da interpretare, soprattutto se non siamo ancora pronti a vederli, però occorre avere molta fede nel senso che, quando chiedete un segno, dovete credere nel messaggio che vi arriva.

Proprio a questo proposito avrei un’altra domanda: se per il concetto di Sincronicità dobbiamo cogliere i segnali, gli indizi o “coincidenze” – ognuno le chiama in modo diverso – che l’Universo ci invia, mettendoci “in ascolto”, come facciamo a capire come interpretarli?
Io posso fare solo esempi tratti dalle mie esperienze di vita, per cercare di chiarire il concetto. Qualche anno fa, nel 2005, chiusi una storia di 16 anni. La sera prima di andare via dalla casa della mia ex, anche se da un lato ero contento, perché oramai eravamo incompatibili, dall’altro lato avevo paura. Facendo zapping per sbaglio misi su un canale, MTV, che di solito non guardo mai: stava trasmettendo una canzone di Madonna che si intitola Jump, che significa “salta”. In quel momento io non capii che era quello il messaggio, ma sentii a livello profondo una forza dentro di me. In seguito, facendo mente locale, pensai al significato di Jump, il salto. Tornai a Bari, perché coincideva col Natale e volevo passarlo con i miei genitori. Il problema fu che, andando via da Milano, persi il lavoro con la società con cui collaboravo. Fu a quel punto che chiesi all’Universo: “Universo, ma io cosa devo fare? Devo restare a Bari e lavorare qui, oppure devo tornare a Milano?”. Giuro che, di lì a qualche ora o al massimo il giorno dopo, mi arrivò una email di una società di videogames di Milano che mi chiedeva di fare formazione-lavoro. Andai a Milano e di lì a poco avviai una relazione con una ragazza che, dopo soli tre mesi, mi chiese di andare a convivere. Ma accadde anche un altro fatto incredibile: il giorno che feci il tragitto Bari-Milano in macchina, per tutto il tempo del tragitto mi chiesi se era la cosa giusta da fare. Arrivai alla barriera di Milano sud e, cosa incredibile, di colpo le macchine incominciano a muoversi. Le macchine iniziarono a passare senza pagare, e il casellante era fuori che faceva cenno con la mano di passare: era appena iniziato lo sciopero dei casellanti! Pensai: “Ok, questo è un segnale!”. Infatti, da quel momento, sono successi tanti fatti per me importantissimi, ho avuto le mie due splendide bambine e ho capito che, sicuramente, dovevo passare attraverso quel percorso.

Il tuo concetto di karma è un po’ “particolare”, perché ti discosti dal concetto classico e tendi più ad avvicinarlo alla Legge Causa-Effetto. Potresti spiegare meglio il concetto?
Io mi discosto dal concetto classico del karma, secondo il quale noi abbiamo un destino “immutabile”, derivante da cose fatte nelle vite passate. Questo significa che quello che ho in questa vita, me lo porto dalle vite passate precedenti, e spesso la gente lo utilizza come una scusa per dire: “È il mio karma, quindi non posso fare niente per cambiarlo”. In realtà anche il karma, cioè la Legge di Causa-Effetto, risponde alla legge della bipolarità.
Cioè si può cambiare il karma?
Assolutamente sì. Come? Diventando consapevole della lezione di vita che ti porta quell’esperienza. È in questo modo che potrai sciogliere il nodo karmico. Ma la maggior parte delle persone, invece, preferisce usare il karma come una scusa, e non fa nulla per cambiarlo. Questo non va bene, perché bisogna capire la ragione che c’è dietro per sciogliere il nodo karmico, imparare la lezione e andare avanti.

Vorresti spiegare, in breve, che cos’è il Focus Universale e in cosa differisce dal Focus Ordinario?
Il Focus Ordinario è quello che usiamo tutti i giorni sulla nostra linea di vita, ed è composto da Azione + Volontà. Ad esempio, se voglio comprare un’auto che costa 15.000 € ma ne ho solo 5.000, darò un anticipo e mi metterò rate per 10.000 €. Questo è il Focus Ordinario. Adesso farò un esempio di Focus Universale: mia moglie aveva una Matiz completamente scassata, e io ho semplicemente mandato all’Universo un’idea vaga di trovare una macchina nuova a 5000 euro. Sono sceso a Bari, ho fatto il tagliando della mia auto in una officina autorizzata Opel e, stando lì a parlare con il titolare, gli ho chiesto se avesse una macchina nuova da 5000 €. Lui mi disse: “Ne ho una che ho appena rifatto completamente”. Il titolare aveva preso una Opel Meriva tutta rotta e l’aveva rifatta completamente: motore, frizione, riverniciata la carrozzeria! Questo è un esempio di Focus Universale, ovvero il classico colpo di fortuna, che ti permette di piegare la quinta dimensione lungo la sesta e farti accedere al ramo di realtà desiderato. Possiamo anche spiegarlo in maniera diversa: il Focus Ordinario si ha quando manifesti la tua volontà; il Focus Universale si ha quando, oltre alla tua volontà, collabora anche l’Universo. È in questo modo che puoi spostarti al di fuori della tua linea di vita, su un altro ramo di realtà.

In varie parti del testo sottolinei che avvalersi del Manifesting per migliorare alcuni aspetti della propria vita non deve mai portare a un “delirio di onnipotenza”. Spieghi che, se un obiettivo non è in linea con la nostra Mission di vita, non lo raggiungeremo mai, e che se desideriamo una cosa troppo lontana dalla nostra attuale linea di esistenza, anche lavorando per tappe, potremmo non ottenerla. Inoltre aggiungi che il nostro Ego potrebbe boicottarci se prima non leviamo le Credenze Limitanti. Tutti questi paletti scoraggiano non poco il lettore, perché sembra che sia veramente difficile manifestare qualcosa! Quindi ti chiedo: secondo te cosa è lecito desiderare e ottenere, attraverso il Manifesting?
La terza legge è molto importante, quella della Sincronicità. Questo cosa vuol dire? Che se io voglio manifestare qualcosa devo sempre tener conto dei segnali. Facciamo un esempio, parlando del mio lavoro: se voglio tenere un corso, ma ricevo tanti segnali negativi, che mi suggeriscono che il corso non deve partire, è come se tutto mi remasse contro. Se, ad esempio, non riesco a trovare un albergo e ho difficoltà a trovare persone che frequentino il mio corso, l’Universo mi sta mandando dei messaggi per dirmi che quella cosa non la devo fare. Naturalmente c’è sempre un motivo: magari quel weekend devo fare qualcosa di più importante, fosse anche solo parlare con una persona o semplicemente stare con le mie figlie. È chiaro poi, che da un punto di vista della razionalità o del mio ego, posso dire: “No, io devo a tutti i costi ottenere quella cosa”, ma l’Universo mi sta dicendo che quella cosa non la devo fare! Se invece impariamo a considerare i segnali che l’Universo ci invia di continuo, seguendo la Sincronicità, ci stiamo allineando al flusso di Energia Universale. A quel punto non nuoteremo più controcorrente, non faremo più come i salmoni, ma avremo la corrente a favore. Se seguiamo il flusso dell’energia arriveremo più facilmente dove vogliamo arrivare. Poi possiamo anche ottenere cose che non sono in linea con la nostra realtà, però faticheremo di più, avremo bisogno di più energia e comunque, prima o poi, l’Universo mi ci rimetterà sempre su quella linea.

Una lacuna che ho trovato in questo libro riguarda le Credenze Limitanti, tematica comune a moltissime discipline olistiche. Spieghi molto bene come eliminarle in maniera definitiva, e non solo temporanea, ma ti dedichi in maniera troppo veloce e superficiale alle tecniche per individuarle. Suggerisci di scrivere in un foglio tutto ciò in cui crediamo, oppure di prestare attenzione alle frasi che pronunciamo mentre parliamo con gli altri, ma le credenze limitanti, essendo dei programmi occulti, sono ben nascoste e non è per niente facile individuarle da soli! Una tecnica molto famosa, il Thetahealing, per “scovarle” utilizza dei veri e propri “scavi”, che un’altra persona effettua su di noi. Non credi che dovresti approfondire questo aspetto, perché da soli non siamo in grado di individuare le nostre credenze limitanti, per ovvie resistenze del nostro Ego?
Nel capitolo dedicato all’abbondanza ho scritto un piccolo elenco di credenze limitanti, ma sono legate a quello specifico argomento. Purtroppo per le altre non ho fatto un simile elenco perché in genere, quando devo individuare le mie credenze, presto molta attenzione a quello che dico quando parlo con qualcuno e poi lo annoto su un foglio. In alternativa mi domando: se il mio obiettivo è questo, quanto ci credo da 1 a 10? In ogni caso, poiché individuarle da soli è difficile, consiglio sempre di farsi aiutare da un amico/a. In PNL per scovare le credenze limitanti usiamo un’altra tecnica, che si chiama “Metamodello”, e andiamo su un livello profondo delle credenze, lavorando sulle parti inconsce. Il mio obiettivo, per il prossimo libro, è proprio quello di trattare in maniera più approfondita le credenze, di raccogliere tutte quelle che ho sentito in questi anni di sessioni dai miei clienti, creando una specie di elenco delle credenze. In questo modo la gente avrebbe a disposizione una mappa, una specie di questionario attraverso il quale poter riconoscere le credenze limitanti, perché quando leggi una determinata frase in cui credi profondamente senti che “ti risuona”.

Vorresti spiegare perché il Manifesting non funziona se una persona si limita a stare chiusa in una stanza a visualizzare, ma è importante sempre mettere azione alla propria vita?
Perché devi mettere insieme sia il Focus Ordinario che il Focus Universale, e per farlo devi mettere azione alla tua vita. Devi mettere insieme Azione, Volontà e Universo. Se fai tutte e tre le cose, allora andrai avanti molto più velocemente e più facilmente. Per fare un esempio, se io dico: “Voglio l’anima gemella”, ma resto chiuso in casa e aspetto, visualizzando e basta senza mai uscire, chiaramente è difficile che possa trovarla!

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Bella, brava e determinata, Baby K si racconta nel suo ultimo album “Kiss Kiss Bang Bang”. Lo fa in maniera sincera, autentica, con la spontaneità che la contraddistingue. Ascoltando i testi si capisce veramente chi è Baby-K, da dove viene, dove vuole andare, quali sono le contraddizioni che rendono la sua personalità così esplosiva e regalano un’anima alle sue canzoni. Claudia è una femmina alfa piacevolmente complicata: come lei stesso spiega convivono in lei due aspetti contradditori, la forza e la grinta, ma anche la dolcezza e la femminilità. Baby K è sia kiss kiss che bang bang, un bacio e un colpo di revolver, e in questo nuovo disco ci spiega il perché.
Nella title track, Kiss kiss Bang Bang, parli di rimorsi e speranze, ma anche di amore, che tu definisci come “un dolce suicidio, come il canto delle sirene”. Quando parli di “scappare a 180 all’ora dalle cose a cui non diamo un nome” a cosa ti riferisci? Da cosa, secondo te, bisogna scappare per essere liberi?
In realtà Kiss Kiss Bang Bang parla di un viaggio alla Bonnie e Clyde, però sicuramente quando parlo delle cose da cui scappiamo ma alle quali non diamo un nome mi riferisco un po’ a tutte le difficoltà che secondo me possono incontrare due giovani, una coppia che scappa da tutto. Per esempio la mancanza di possibilità, di un futuro; le pressioni della famiglia, dei genitori. Scappare anche da quello che uno dovrebbe realizzare per le pressioni subite dalla famiglia o, in generale, dalla società. Scappare perché non si riesce ad ottenere ciò che si vuole, proprio per la mancanza di chances e di possibilità. Mi immedesimo un po’ in tutto questo, perché è una situazione che ho vissuto, sono sensazioni che ho provato sulla mia pelle. Ma c’è molto di più in questa canzone: c’è l’idea di un nuovo futuro insieme, gridando dai finestrini “Non ci avrete mai vivi”! Canto proprio questo nella canzone: parlo di un amore fuggitivo, di una fuga da tutte queste cose.

Nel brano Anna Wintour rendi omaggio a tutte le donne in carriera, come la Direttrice di Vogue, che devono “fare le signorine, ma pensare come un uomo”. Quanto c’è di autobiografico in questa canzone? Perché le rapper donne, purtroppo, in Italia devono ancora combattere contro i pregiudizi, dato che il rap da molti viene ancora visto come un “territorio maschile”. Senti un po’ addosso la responsabilità di essere “la rapper”, nonché “femmina Alfa”, che deve dimostrare a tutti che anche le donne sanno rappare da paura?
Sì, la sento, ma non è che la vivo con ansia o con una voglia di chissà quale rivalsa. Io non sono amareggiata da questo tipo di pensiero: ne sono semplicemente consapevole. Sono consapevole che ci vuole di più per ottenere la stessa credibilità, e che ci vuole di più anche per essere capita, perché secondo me la mia musica non viene considerata in alcuni aspetti, o non viene interpretata nella stessa maniera o con la stessa cura con la quale, magari, viene recepita la musica di altri ragazzi.
Conta che tu hai anche fatto una scelta difficile: quella di rappare in italiano. Avresti potuto rappare in inglese e tutto sarebbe stato più in discesa. Invece hai fatto la scelta più difficile, ma a mio avviso stilisticamente migliore.
Io penso che, se sono in questo Paese, non avrebbe senso rappare in un’altra lingua, perché vivo in Italia. Inoltre gli italiani sono da sempre molto legati ai testi, addirittura più degli americani e degli altri paesi. Penso che i testi siano molto importanti, per cui è per questo che ho fatto questa scelta. Comunque da una parte sento la responsabilità del mio ruolo di donna rapper, ma non la vivo chissà come. Io, semplicemente, faccio musica, mi sfogo attraverso la musica, voglio rappresentare il mio mondo e portare avanti degli ideali, ma soprattutto la musica, per me, rappresenta un modo per esprimermi. Per cui non lo vivo come un dover per forza dimostrare qualcosa. Io, semplicemente, faccio quello che faccio al meglio e per me, sperando di arrivare sempre più in alto. Questa è la maniera in cui lo vivo.

Parliamo di Roma-Bankok. Si dice che la popolarità e il successo di un artista si misurino anche dalle parodie che circolano in rete, come è avvenuto per Miley Cyrus in Wrecking balls. Tu lo sapevi che due ragazze sarde quest’estate hanno fatto un video-parodia di Roma-Bankok, intitolato Sinnai-Sarroch? Hanno fatto moltissime visualizzazioni! Ma non solo loro… Su youtube circolano almeno altre due parodie famose: quella degli Hmatt e quella di TheFrenchmole. Addirittura gli Hmatt hanno fatto una bellissima parodia di Killer che ha fatto 2 milioni di visualizzazioni! Che effetto ti fa sapere che fanno delle parodie dei tuoi video? Sei di quelle che se la prendono oppure ci ridi sopra per prima e capisci che, comunque, ti stanno facendo pubblicità?
Lo trovo un fenomeno divertente e mi fa anche piacere. Più che altro è un indizio che ti fa semplicemente capire quanto è arrivato a tutti quel brano. Magari purtroppo non le ho viste tutte, ma ad esempio ho apprezzato molto Kinder, che avevano fatto ai tempi in cui era uscita Killer. È bello vedere con quanta dedizione le persone si mettono a lavorare per fare una parodia, organizzando tutta una giornata con tanto di shooting e di grafica! Da questo punto di vista mi sento lusingata. Sono video complessi da realizzare, che ricostruiscono tante situazioni.
Hai duettato con moltissimi artisti di grosso calibro: Tiziano Ferro, Giusy Ferreri, LaMiss, Marracash, Fabri Fibra, Gue Pequegno dei Club Dogo e tanti altri. Anche in Kiss Kiss Bang Bang manifesti la tua grande voglia di collaborare con altri cantanti per fare della bella musica, collaborando con Federica Abbate, Madh e Fred De Palma. Quanto è importante per te, nel rap, non chiuderti mai in te stessa ma sperimentare, cercare sempre delle “contaminazioni”, esplorare nuovi stili, collaborare con altri artisti?
Premetto che i featuring sono una grandissima tradizione nell’hip hop e nel rap, e che li troverai in quasi tutti gli album dei rapper. Il mio disco ne ha quattro, che su quattordici tracce non sono tantissimi, specialmente per un disco urban. La maggior parte delle mie collaborazioni sono state richieste dagli altri mentre io, per i miei progetti, non ho chiesto tanti featuring. Diciamo che ne ho fatti più io ad altri di quanti non ne abbia richiesti. All’inizio mi vergognavo a chiedere i featuring, perché ero un po’ timida. Inoltre ci tenevo a mostrare prima quello che so fare, volevo prima fare il mio da sola, e solo dopo chiedere dei featuring. In ogni caso ci vuole coraggio per chiedere a dei nomi importanti di collaborare, però io credo che faccia un po’ parte della tradizione dell’hip hop e del rap. Per questo credo che il risultato sia sempre qualcosa di interessante. L’alchimia di due artisti che lavorano insieme fa sì che ci sia un prodotto che non si trova da nessuna parte, si crea un sound o un risultato che non troveresti né nel mio album né nel suo. In questo modo nasce qualcosa di molto particolare, una cosa ad hoc, e chiaramente questo ci stimola ad alzare sempre l’asticella.
In “Chiudo gli occhi e salto” ti metti a nudo, racconti la storia della tua vita, fatta di traslochi, di addii, di continui nuovi inizi – perché comunque tu sei una persona molto positiva – che ti mettono alla prova. Traspare un po’ di malinconia, ma è altrettanto evidente che, senza tutte queste esperienze vissute, oggi tu non saresti come sei e anche la tua musica non sarebbe la stessa. Quanto ti hanno segnato emotivamente e artisticamente tutti questi cambiamenti e continui traslochi? Hanno influenzato il tuo percorso artistico in qualche modo?
Senza queste esperienze ti posso dire che, all’80%, non farei nemmeno il rap. Se non avessi vissuto in Inghilterra e non fossi andata in fissa, ai tempi del liceo, per il UK Garage, che qui chiamano 2 step, adesso non sarei qui. Certo, l’UK Garage non ha la stessa sonorità del rap, perché è un altro genere ancora, però ha il rapper e il dj. Comunque se non avessi vissuto tutte quelle esperienze e fossi cresciuta a Roma, in Italia, probabilmente non mi sarebbe mai venuto in mente di iniziare a scrivere e a fare rap. È una cosa molto legata alla cultura che ho vissuto. Adesso, in questi ultimi anni, questa cultura si sta propagando, sta diventando più parte della cultura popolare e dei giovani. Prima era più di nicchia, per cui ti dico che assolutamente non sarei mai arrivata a fare questo tipo di musica senza aver vissuto questo tipo di esperienze. Per quanto riguarda i testi che scrivo, ritengo di avere molte cose da dire però, avendo avuto una vita così complessa, spesso è difficile raccontarla a parole. In ogni caso tutte queste esperienze hanno fatto sì che io diventassi una persona abbastanza riflessiva, e spero di riuscire a trasmetterlo in alcuni brani. A me piace anche divertire il pubblico, perché penso che la musica debba essere intrattenimento. Poi è chiaro che, ogni tanto, cerco anche di scrivere testi un po’ più personali, perché credo sia molto importante averli in un disco.
 È corretto affermare che questo album descrive Baby-K in  14 diverse storie racchiuse nelle canzoni? Come dici in  “Chiedi alla Luna”, “il domani tra le mani, la vita raccontata  nei brani”?
 Esatto. Hai assolutamente colto in pieno.
 Ci sei riuscita completamente secondo me.
 Ti ringrazio perché quella era la mia missione.








In una videointervista hai detto che a 14 anni volevi fare la dj ma tua madre non ti ha comprato i Technics e quindi ti sei messa a rappare perché era gratis. Anche da questo si vede che sei una persona vera, che sei sempre molto spontanea. È stato allora che hai iniziato a scrivere i primi pezzi, però hai tenuto la cosa segreta, anche con le tue amiche, per quasi 10 anni, perché eri timidissima. Sentendo questa confessione si rimane un po’ spiazzati, sembra quasi una contraddizione, perché siamo abituati a vederti energica, estroversa, assolutamente padrona del palco e della scena. Ma allora ci chiediamo: com’è caratterialmente la vera Baby-k? È timida oppure è una femmina alfa estroversa e sicura di sé? Oppure entrambi questi lati coesistono nel tuo carattere, come due facce della stessa medaglia?
Esatto! Sono l’uno e l’altro! Mi sembra che tu mi abbia capita molto bene, sia musicalmente che in quanto persona. Quando facevo le interviste all’inizio, specialmente le videointerviste, mi imbarazzavo. Tutt’ora divento un po’ rossa, lo si vede dal mio volto. Era una parte di me contro la quale combattevo un po’, però quando ascolto musica scatta qualcosa dentro di me che non saprei spiegarti, per cui mi lancio e divento “aggressiva” in senso buono, esce fuori tutta la mia grinta, ed è un istinto quasi primordiale. Adesso ne sono consapevole, ma per molto tempo sono stata combattuta, perché mi dicevo: “Sei una solista, fai musica, non puoi essere timida nelle interviste”. Dopo un po’ però ho deciso di accettarmi così come sono, anche con le mie contraddizioni. Mi sono detta: “Tu sei fatta così, sei Kiss Kiss Bang Bang”. È proprio questa dualità del mio carattere che volevo rappresentare nel disco, perché fa parte di me e anche della mia musica. Alla fine io sono questo: un miscuglio di più cose, e non c’è niente di male!
Patrizia Gentili Spinola
Fotografie:Michele Pisano on Facebook  http://tinyurl.com/qe8ncbb 

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